venerdì 25 gennaio 2008

Lavagem de Bonfim

Salve gente

qui Giovedì scorso (17 gennaio) c'è stata la festa più imponente, dopo il Carnevale naturalmente. Secondo la polizia circa un milione e mezzo di persone si è unita alle baiane in una processione di 8 km per la Lavagem di Bonfim. È una tradizione che si ripete ogni 2º giovedì dopo l'Epifania.


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Come molte cose da queste parti, anche questa ha avuto inizio nel periodo della schiavitù.

Mi hanno raccontato che l'inizio della tradizione è tutto sommato banale.

A metà settecento Teodosio Rodrigues de Faria, ufficiale portoghese, portò da Lisbona un crocifisso che fu dapprima sistemato nella chiesa di Penha e, nel 1754, trasferito nel Santuario attuale, sulla Collina Sagrada.


Divenne subito celebre per i miracoli che gli vennero attribuiti. Chi lo visita non manca di dare un'occhiata alla stanza dove sono custuditi un numero impressionante di ex voto, che fatico a quantificare.


Come già detto Bonfim è a circa 8 km dalla città (di allora! oggi noi abitiamo a 15 min da lì e in quel giorno siamo bloccati nel bairo, perché il traffico ovviamente si ferma nella nostra penisola di Itapagipe e in tutta la Cidade baixa e ormai la città si estende ben oltre di noi).

Come una volta Careggi per Firenze, Bonfim allora era luogo di villeggiatura per chi poteva. Tra Natale e Carnevale andavano a farsi un po' di ferie, non dimenticate che qui è estate. E naturalmente prima mandavano gli schiavi ad aprire, arieggiare, pulire le case. E sennò uno che se ne fà degli schiavi.

Permettetemi un breve excursus sulla condizione degli schiavi nella Bahia. In Africa venivano rapiti, il più delle volte da tribù rivali, ma anche venduti dai propri capi in cambio di vantaggi. Trasportati in catene fino alla costa, venivano imbarcati su navi negriere dove non c'era spazio nemmeno per stare a sedere. Una buona parte moriva e veniva gettata in mare.
Arrivati a Bahia, seguendo il sempre valido motto divide et impera, i clan venivano smembrati e le famiglie stesse separate:i mariti dalle mogli, i genitori dai figli, i fratelli dai fratelli. E ora ci si lamenta che manca il senso della famiglia!
Il Papa Alessandro VI - con la bolla Inter coetera del maggio 1493, base giuridica del successivo Trattato de Tordesillas - aveva demarcato le sfere di influenza spagnole e portoghese nelle Americhe con l'unica motivazione che poteva accampare: il mandato di evangelizzare il "Nuovo Mondo".
Quando arrivarono gli schiavi quindi si doveva pensare alla salvezza dell'anima loro. Era vietato usare schiavi non battezzati, quindi per prima cosa, allo sbarcare, venivano battezzati senza tanti riguardi. C'era però un problema: in quel contesto il certificato di Battesimo era uno strumento poco pratico. Molto meglio un marchio a fuoco sulla spalla! Quando si parla di sigillo battesimale però forse non si intende esattamente questo...
Che in questa condizione gli schiavi abbiano percepito scarsamente la bontà misericordiosa del Padre, il dono di sé fino alla morte in croce e resurrezione del Figlio, la premura dello Spirito che accompagna e guida la nostra vita, mi sembra, tutto sommato, comprensibile. Né me la sento di infierire se, invece di abbracciare con entusiasmo la nuova fede dei padroni, rimasero tenacemente legati alle proprie tradizioni religiose, del tempo della loro libertà.

A questo punto riprendiamo il racconto. Dopo aver sistemato le case, i padroni li mandavano anche a rendere decoroso il Santuario dove si sarebbero recati, magari con una certa pompa, per le loro devozioni. In effetti non è bello tornare a casa dopo le funzioni con il vestito buono impolverato.


È in questa situazione di banale soperchieria che succede qualcosa che qui fu tipico, ma ai miei occhi rimane sempre straordinario. Gli schiavi trovarono nella capacità di resistere propria della loro cultura, la fantasia e la forza di rendere proprio questa ulteriore angheria un momento di identità, culto e festa.

Per cominciare accostarono al culto dell'immagine più venerata della Bahia quello del loro orixá piú potente: Oxalá che veste di bianco, il creatore del mondo su incarico di Olodumaré, l'essere supremo.


Così la pulizia del santuario, che era e rimaneva un atto oppressivo, è stata da loro trasformata in un atto di culto a Oxalá, affermazione di identità delle radici africane, atto di culto e per questo di libertà e di festa. Alla faccia dei padroni.

E quello che nasce come momento di preparazione per la festa (cattolica) del Senhor do Bonfim, alla fine sopravanza come importanza la festa stessa. Succede. Almeno nella Bahia.


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La tradizione della Lavagem del Santuario è rimasta per tutto il periodo della convivenza, tutto sommato pacifica, di Cattolicesimo e Candomblé. Convivenza anche, o meglio in primo luogo, nella coscienza della quasi totalità delle persone, a parte bianchi e prèti (occhio all'accento: préti qui sono i neri). E forse neanche di tutti.

Poi l'attenuarsi della repressione nei confronti di tutto ciò che era negro - e come tale minaccioso dell'identità di un Brasile che nella sua élite aspirava a considerarsi bianco - portò nel Candomblè la consapevolezza espressa della propria identità, dignità e autonomia dalla Chiesa.

In questo contesto viene dalla Chiesa un atto per me condivisibile nelle sue motivazioni, ma che si rivelò traumatico: la proibizione dell'uso del Santuario per la cerimonia. Di fatto un divieto.

Successe, mi dicono, di tutto. Ma Il cardinale rimase fermo nella decisione.

Poi, da queste parti, per tutto si trova "um jeitinho". Così il successore autorizzò nuovamente l'uso del Santuario, limitatamente all'esterno. L'interno rimane sbarrato, per evitare commistioni ormai ritenute improprie anche anche dalle élite più avvertite del Candomblé.
Anche con queste limitazioni la gente apprezzò. E questa è rimasta a oggi la situazione.

Ultimamente, nonostante la continua crescita del numero di partecipanti, la tradizione mi sembra in decadenza. Come magari c'era anche da aspettarsi, dietro all'evento si è formato un businnes di tutto rispetto, il che non mi pare aiuti la devozione. E poi l'evento è sempre più sfruttato come passerella di notorietà: in primo luogo da politici, ma anche da altri personaggi in cerca di visibilità. Un po' triste, ai miei occhi. Pois è.


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Due anni fa ho visto l'inizio, di fronte a Coinceção da Praia, vicino al porto. Dopo una preghiera ecumenica e interconfessionale, le baiane aprono la processione con i vasi pieni di "agua de cheiro" (acqua profumata) e fiori che, sospetto, sono stati preparati seguendo un rituale che conferisca loro axé (forza divina). Seguono, in modo piuttoso anarchico, tutti gli altri - rigorosamente vestiti di bianco - accompagnati dai tamburi, che risuonano per tutto il percorso. Era la prima volta che partecipavo a una processione così ballonzolata. Lungo il percorso c'è abbondanza di generi di conforto, di tutti i tipi.


E la marea umana si snoda per tutta la città bassa fino alla Collina Sagrada del Santuario. Piuttosto impressionante.

Quest'anno ho voluto vedere la fine, per cui alle 10 sono andato direttamente nella piazza di fronte al santuario. Al mio arrivo ho trovato la Polícia de Choque (nome eloquente per quella che da noi una volta si chiamava Celere), le televisioni, alcune baiane che avevano "pulado" gli 8 km di cammino venendo direttamente lì, 3 o 4 sacerdotesse che offrivano a chi lo desiderava un "bagno" di pipoca, di foglie e un'unzione che non ho decifrato, riti per aumentare l'axé e propiziare il futuro, e infine venditori di bibite, categoria benemerita sotto il sole baiano.


Ero quasi in prima fila. La gente è arrivata ammassandosi in piazza. Una buona parte pigiava dietro, ma il cipiglio - e il manganello - del celerino di fronte mi davano la motivazione giusta per non debordare di un millimetro dai canapi tirati per l'occasione. Verso mezzogiorno la mia schiena ha cominciato a risentirne.


L'arrivo di Carlinhos Brown - cantante con un ego piuttosto florido, da noi conosciuto per aver formato, con Marisa Monte e Arnaldo Atunes, i Tribalistas, che ebbero un certo successo circa 3 anni fa - ha rappresentato un diversivo per la piazza in attesa.


Altro diversivo alcune baiane che, forse per ingannare il tempo, ogni tanto venivano verso di noi e ci spruzzavano di agua de cheiro. Sono tornato a casa olezzante e pieno di axé. Ma con poco senso della devozione, mi sono fatto subito una doccia. Chissà se l'axé sarà rimasto?

Alla fine, con la flemma locale, sono arrivate le ultime baiane e i politici che hanno fatto passerella lungo il percorso. Mi hanno spiegato che ogni politico negli ultimi anni si è formato una corte di baiane che lo accompagnano e lo rendono più fotogenico durante il percorso. Per questo anche loro ora arrivano alla spicciolata. Anche a me è sembrata una cosa triste. Nel frattempo una signora accanto a me è svenuta per il caldo e a calca.


Robusti fischi nei confronti del partito del prefetto, i cui attivisti erano dentro i cordoni rigorosamente con indosso la maglietta con le insegne del partito e con palloncioni con l'emblema. Nel mio piccolo, condivido.


Verso le 13, quando ormai avevo naso, collo e braccia - il destro specialmente - ustionati dal sole, il lancio dei palloncini, bianchi naturalmente, e gli immancabili foguetes hanno annunciato l'inizio della Lavagem. Ci ho creduto sulla fiducia perché dal posto dove ero io non si vedeva nulla.


Così, a differenza degli altri che in buona parte sono rimasti a festeggiare fino a notte nelle baracche di generi di conforto - soprattutto birra - allestite per l'occasione, sono tornato a casa, incrociando un gruppo di capoeira e contemplando dall'alto della collina l'albo fiume umano che stava ancora arrivando.


Tutto sommato Oxalá ha di che essere contento.


Stasera torno là, ma questa volta per pregare. Gesù, a scanso di equivoci. Ah, ci sono anche i Pompieri.

Abração. Luca

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