lunedì 22 dicembre 2008

Buon Natale (e Ecuador, Cresime e ansia da prestazione)

Ciao gente!

Vi dico subito che in questa lettera riciclo parte del messaggio che ho scritto ad alcuni medici che hanno rinunciato a un regalo natalizio per mandarmi dei soldi. Mi spiace, ma il tempo è poco e bisogna arrangiarsi!


Poi le solite scuse per il ritardo. Stavolta ha inciso un viaggio sulle Ande ecuadoriane a fare da testimone alla mia amica Veronica che si è sposata (con un collega anglicano). Viaggio intenso fisicamente ed emotivamente. Naturalmente sono contento di averlo fatto. Che strano reindossare la felpa.


Oggi è un anno che sono ufficialmente "amministratore parrocchiale" dato che "tomei posse" il 22 dicembre scorso.

In questo anno ho cercato di conoscere questa realtà, ma soprattutto di cercare di sintonizzarmi con lei, lasciandomi affascinare da questa terra e da questa gente.

Ieri avevamo le Cresime. Abbiamo dovuto anticipare la data perché Dom Geraldo, il Cardinale, è voluto venire personalmente a celebrare, probabilmente per rendersi conto di persona di come procede l'inserimento di questo prete "gringo" nella comunità. Decisione ineccepibile, che mi ha fatto piacere. Alla fine della Messa ho approfittato dell'occasione per ripetere pubblicamente ciò che qualche settimana fa gli avevo detto in privato: il mio ringraziamento per avermi accolto nella sua Diocesi per alcuni anni e offerto la possibilità di inserirmi in una comunità che ho definito, senza nessuna enfasi, accoglitrice e affettuosa.


Di questa gente due cose mi hanno colpito in particolare: un senso dell'accoglienza inconcepibile alle latitudini europee e una storia epica che vorrei contribuire a raccogliere, valorizzare e raccontare.

Tento di spiegarmi. In questo bairro le famiglie provengono tutte dall'interior. È tutta gente (almeno fino a quelli della mia etá) che ha visto come unica speranza di vita lasciare l'arido campo dove è nata per cercare fortuna nella grande città. Sono arrivati senza nulla e come abitazione hanno costruito, insieme a altre migliaia di persone, una baracca palafitta sul mare, che è di tutti e da dove nessuno avrebbe potuto cacciarli. E su queste migliaia di scatole di legno unite da fragili e instabili passerelle senza acqua (che ironia) e senza luce hanno costruito la loro speranza. Hanno vissuto, hanno lottato, hanno fatto crescere e studiare i loro figli, hanno guardato con speranza ai camion della Limpurb che venivano a cacciare il mare scaricando sotto le loro case materiale di riporto che all'epoca era nient'altro che la spazzatura della città, ammorbando l'aria per anni con odori e germi inimmaginabili. Hanno conquistato i primi lavori: lavandaie, tuttofare, precari, commercio informale, insomma tutto quello che serviva per sopravvivere. Hanno conquistato i primi servizi: acqua, luce, posto de saude, fognature. Piano piano al posto della palafitta si è costruita la sua piccola casa, la maggior parte in un vicolino erede delle passerelle, senza luce né aria. E ha vissuto, con dignità.

Ora sta affrontando con fortezza la piaga della droga e della delinquenza. In una settimana sono state uccise due persone nel corso di rapine per strada: una sabato della settimana passata qui dietro la chiesa e uno sabato scorso nella comunità di Mangueira, sempre nella parrocchia.


Ho passato alcune settimane in cui mi sono sentito bloccato: dopo un anno passato a osservare è arrivato il momento di assumere in pieno la guida della parrocchia e mi sono sentito inadeguato. Sono arrivato alla conclusione di essere vittima di "ansia da prestazione", cosa che un po' mi ha stupito: credevo di esserne meno vulnerabile. Ma tant'è. Averla riconosciuta mi sta aiutando a superarla, come spesso succede. Eppoi, che io sappia, da questo punto di vista studenti e amanti a volte sono messi peggio, quindi non lamentiamoci troppo... In fondo mi è andata anche bene.

I progetti sono molti: formare piccole comunità cristiane che col tempo possano diventare la struttura portante della parrocchia, aprire ai giovani in questo momento i grandi assenti nella parrocchia, sviluppare un lavoro sociale di cui c'è un grande bisogno e, ahimè, costruire la casa parrocchiale che qui manca. Pensavo di essermi divertito abbastanza a San Piero con progettisti, muratori, impiantisti e pellegrinaggi in Curia a chiedere soldi, ma Qualcuno non la pensa così. Tudo bem!


Ma tra due giorni è Natale. Anche qui se si vuole un riferimento al mistero che sta all'origine della festa bisogna andare nelle Chiese. Per il resto impazza la commercializzazione più trita con effetti comici, visti da fuori. Ecco l'addobbo natalizio di un centro commerciale.


Faccio notare che qui ci sono 30º all'ombra in questa stagione.


Ma c'è anche chi per il Natale ha altri progetti...


Tutto sommato preferisco quest'ultimi. Parere personale, naturalmente.


Buon Natale.

Fate i bravi.

Luca

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lunedì 3 novembre 2008

Rieccomi

Ciao gente,

ormai sono un paio di settimane che sono arrivato: è tempo di rifarmi vivo.

Questo mese italiano da un lato è stato estremamente denso, non riesco a fare il conto di quante persone ho incontrato (di sicuro ho preso 10 chili in pranzi e cene!), dall'altro la frenesia di vedere quanti più amici possibile troppo spesso si è tradotta in incontri che non sono riusciti a toccare la profondità che l'affetto esige. Senza contare le persone care che non sono nemmeno riuscito a incrociare. La cosa mi lascia inquieto e confuso. Forse vivo con un po' di ansia i miei rapporti. Vabbè, ho quasi un anno per rifletterci.


Oggi la Messa era animata dalla Pastorale della Salute. Alzineide (foto sotto) prima della conclusione ha voluto portare una sua testimonianza. Ho sotto mano il foglio che ha fatto leggere a un'amica mentre lei stava con il marito davanti all'altare. Ve la trascrivo così com'è.


«Buon giorno, fratelli miei!

Mi chiamo Alzineide!

Gesù Cristo è la ragione della mia vita. Credo nel Padre, Figlio e Spirito Santo piamente. Senza di lui non sarei qui. Credo nella Madonna, negli Angeli e nei Santi. Comunità è vivere in comune, unione dei fratelli, è forza nella preghiera, è la forza di DIO.

E voi siete i miei fratelli! Ciascuno! Gesù disse: "Tutte le volte che più d'uno siete riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a voi!".

Siamo tanti! Abbiamo forza nella preghiera! Ho bisogno di molta di questa forza! Sto facendo per la seconda volta una cura per il CANCRO! (chemio, n.d.t.)

Sta andando tutto bene, grazie a DIO!

Siate certi che Dio mi sta portando in braccio!

Grazie per avermi ascoltato, fratelli miei. Lodato sia N.S. Gesù Cristo».

L'assemblea è esplosa in un applauso. Non so voi: io ho ancora da riprendermi. È una delle tante cose che accumulo e con le quali tento di sintonizzarmi.


La settimana scorsa abbiamo avuto la festa della parrocchia


La programmazione l'avevamo fatta insieme prima della mia partenza e prevedeva una Messa di apertura (dom 19, Giornata missionaria),


Lunedì celebrazione a Mangueira, martedì Messa a Baixa do Petróleo con conferenza su San Paolo, mercoledì inaugurazione del "Salão São José" recuperato e addobbato per l'occasione,


giovedì pomeriggio di adorazione e Messa, venerdì celebrazione penitenziale, sabato mattina "Caminhada da Paz",


e pomeriggio Messa vigiliare. Domenica 26 la Messa conclusiva accompagnata - come del resto la marcia e l'alba della festa - dall'immancabile scoppio dei botti. Durante la Messa abbiamo pregato anche per l'incontro della Diocesi di Firenze col nuovo Vescovo Giuseppe, col quale mi sono fatto vivo anche con una email, scritta con il mio stile piuttosto personale e diretto. Spero di non averlo sconcertato. Almeno non troppo.


Degna conclusione della settimana il pranzo nel mio amato orfanato dove - con il più classico dei paternalismi - ho portato ai ragazzi un ricordo di Firenze, un portabadge con i colori italiani e lo stemma e la scritta di Firenze e un po' di dolciumi. Graditi, mi sembra. Ah, i ragazzi mi hanno poi trascinato a imparare il mio primo pezzo di bossa nova alla chitarra: "Samba de uma nota só" del grande Tom Jobim, cantato in traduzione inglese (One note samba) anche da Frank Sinatra, tanto per dare la misura. Sono ancora lontano dal virtuosismo di Toquinho, ma insomma...


Non si vede, ma sotto quella massa di ragazzi c'è la mia amica Francesca.


Mercoledì arriva don Sergio e il 17 don Piero. Non si stà tranquilli un attimo! Scherzo, naturalmente. Oltremare notizie e visite fanno sempre molto piacere.


Un abbraccio a tutti.

Fate i bravi. Luca

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lunedì 18 agosto 2008

Meno 25, meno 50. Ma anche Obaluaiê e Caymmi

Ciao gente,

ormai tra meno di un mese (-25) arrivo in Italia per il mio primo periodo di "ferie". Mi sembra l'ora di tentare un paio di scarnissime, provvisorissime, considerazioni.

Partiamo dal dato che ha stupito i più: i -50 chili che la bilancia - con suo grande sollievo immagino - segna quando vi salgo sopra ora rispetto a quanto segnava quando sono arrivato qui.

Al di là di tutte le pur legittime considerazioni di carattere estetico e salutistico (dopo tutto sono passato da gravemente obeso a normopeso o, se prefereite, mi sono levato una persona di dosso) in realtà è l'esito quasi naturale di un cambiamento radicale di vita. Ciò che sottolineo più volentieri invece è che i chili, tutto sommato, sono ciò che di me ho lasciato più facilmente venendo qui: il lavoro di spogliamento del mio ormai vecchio modo di fare e di vedere è molto più difficile e lento del dimagrimento, anche se quest'ultimo ne diventa un segno abbastanza eloquente.

Continuo a pensare che un mestiere che periodicamente offre l'opportunità di rimettersi in gioco, di rinnovarsi, di sperimentare nuovi modi di essere e di vivere, di immergersi in realtà così diverse, anche di durare questo tipo di fatica - e detto da un pigro come me è tutto dire! - sia un gran bel mestiere, al di lá di tutto.



Domani vado a Itapoã nella casa della Diocesi a fare gli esercizi spirituali. Solo che lì invece del verde di Lecceto ci sono l'oceano, la spiaggia bianca e i cocchi. Me ne farò una ragione.

Oggi alla prima riconvocazione dei giovani dopo l'incontro del mese scorso sono riapparsi in 14. Poteva andar peggio. Sembrano motivati. Vedremo. Per ora sono passati dall'intezione di vedersi una volta al mese a quella di vedersi tutte le settimane. Moni Ovadia scrive che, secondo la cabala, si racconta che il mondo in cui viviamo sia il risultato del ventottesimo tentativo di Dio e che, contemplando l’ultima forma della sua creazione, l’Eterno abbia sospirato e mormorato sconfortato: “Halevaii she yaamod!” (Speriamo che tenga!).
Si parva licet, riprendo l'auspicio.



Ieri, San Rocco. La memoria santo solitario e pellegrino che si faceva vicino agli ammalati di peste per curarli, anche prodigiosamente, e che sperimentò la malattia in prima persona, da queste parti è l'occasione per dar culto a un orixá, ufficialmente sincretizzato con San Lazzaro, ma insomma anche San Rocco un po' gli assomiglia...

Mi rifaccio a un libretto in italiano regalatomi prima di partire dagli amici con cui ho condiviso l'avventura di Sarajevo (Rosamaria Susanna Barbàra, Il Candomblé, Xenia, 2003):

Obaluaiê, il re, padrone della terra, e Omolu, il figlio del signore, sono i nomi con cui è conosciuto in Brasile questo orixá che non si nomina volentieri perché come può curare le malattie e le epidemie, così le può causare.


Obaluaiê, insieme a Nanã Boruku e Oxumarê, sembra sia una divinità antica, lo si deduce da un dettaglio del rito: gli animali vengono sacrificati senza utilizzare lame di ferro, come si faceva prima del culto di Ogum (dio del ferro, tra le altre cose, appunto).

Il suo carattere fu segnato per sempre dal fatto che la madre lo abbandonò quando era ancora in fasce. Racconta il mito che Obaluaiê nacque coperto interamente dalle piaghe del vaiolo. La madre, spaventata e disgustata, non volle allevarlo e lo gettò in mare in una cesta.

Il bambino piangeva, ma nessuno poteva udirlo. Solo Iemanjá (dea del mare) si accorse dell'accaduto e commossa da quel pianto lo prese con se. Lo curò con le alghe del mare e ben presto il bambino si riprese diventando forte e bello. Un giorno però un amico invidioso raccontò al dio quanto era accaduto al momento della nascita.

Obaluaiê, che si offendeva facilmente, ferito e umiliato dall'accaduto, fuggì in mezzo al bosco e si ricoprì di paglia affinché nessuno potesse vederlo più. Ogni tanto la paglia si solleva per una folata di vento e appare il dio in tutta la sua bellezza.

In occasione delle celebrazioni in suo onore i devoti del Candomblé vengono purificati dalle sacerdotesse vestite di bianco con una pioggia di pipoca, pop corn, che viene lasciata scorrere sul corpo per allontanare le malattie e gli influssi negativi.

L'archetipo dei figli di Obaluaiê è quello delle persone masochistiche, che vogliono mettere in evidenza la loro sofferenza e tristezza. Sono sempre insoddisfatte della vita, anche se tranquilla e serena. Possono però arrivare a consacrarsi al benessere di un'altra persona a cui tengono molto e dimenticare i propri bisogni vitali. Quando però riconoscono i propri poteri, diventano grandi guaritori e persone molto umane.


Sempre ieri un lutto ha scosso la Bahia. A Rio de Janeiro è morto il più grande cantore della Bahia, il compositore e cantante Dorival Caymmi, amato e venerato dall'altro grande bahiano, Jorge Amado, che ci ha lasciato nel 2001.


Nato a Salvador il 30 aprile 1914 era bisnipote di un italiano venuto in Brasile per lavorare al ripristino dell'Elevador Lacerda, un simbolo della città (l'ascensore a sinistra nella foto).


Vi risparmio i dettagli sulla vita. La cosa più importante è che, trasferitosi a Rio de Janeiro, divenne il cantore della saudade (una nostalgia che ti immalinconisce) della Bahia (es. Samba da minha terra, reso celebre da João Gilberto), della bellezza delle bahiane (es. O que é que a bahiana tem, cantato dalla immensa Carmen Miranda), del panorama, dello stile di vita bahiano, la spiaggia, la tragedia dei neri e dei pescatori della Bahia, il tutto con una leggerezza e una dolcezza ineguagliata. Al telegiornale dicevano che nella Bahia ci sono tre ritmi: lento, molto lento e Dorival Caymmi. Alcuni lo accusano di aver diffuso un'immagine un po' "cartolina" della Bahia, tutta esotismo, ma senz'altro l'ha saputo fare.

Suo ultimo successo, mi pare, è Oração de Mãe Menininha, omaggio alla più grande Mãe de Santo di sempre, cantata da quei due monumenti viventi della musica bahiana che si chiamano Gal Costa e Maria Bethânia.

A Rio e a Salvador le autorità cittadine hanno decretato tre giorni di lutto. Anch'io sono un po' triste.


Quando torno dal ritiro comincio i preparativi per la visita italiana. Sono arrivati i primi inviti e conseguentemente ho iniziato a prendermi i primi impegni. Chi mi conosce sa che non mi piace fare il prezioso, ma anche che non mi piace né cancellare impegni presi in precedenza né piombare dove non sono invitato. Farò un'eccezione a questa regola per il Gruppo Alpini di San Piero, dove mi autoinvito a cena venerdì 18 settembre (salvo diversi loro impegni, naturalmente). Silvia, glielo dici tu a Silvano?


Bene, vi lascio. Salvo ispirazioni improvvise e trascinanti penso che questa sarà l'ultima circolare prima delle ferie.

Questa volta le foto sono tutte scaricate da internet.

Un abbraccio a tutti.

Fate i bravi. Luca

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sabato 2 agosto 2008

Dia da Paz

Ciao gente,

prima di tutto buone vacanze, almeno ai fortunati che le fanno. Ma arrivo tardi con queste considerazioni: ormai se ne sono accorti anche i ghost writers del Papa che tanta gente non si può permettere di muoversi da casa.

Certo detto da uno come me che ha girato (per lavoro però!) 4 dei 5 continenti - per completare il "grande slam" dovrei andare a trovare il mio amico Luca in Australia, cosa che non escludo - la cosa acquista un tono paradossale. Invece è seria.

Mentre voi ve ne state - secondo l'immaginario collettivo - spaparanzati sotto l'ombrellone, qui le cose vanno avanti, anche perché da noi è inverno. Mi fa sempre un certo effetto pronunciare questa frase indossando una fruit e stando scalzo. Mi sa che sono rimasto un po' traumatizzato dagli inverni sampierini (colpa della casa e un po' mia, non degli inverni, naturalmente): finché ci sei dentro reggi più o meno bene, poi alla distanza escono i traumi...

Oltre agli spaparanzati ci sono anche quanti sfruttano questa settimana per tentare - a volte con qualche successo - di farsi vicini ai ragazzi nei campi estivi. E qui la mente, e un po' anche il cuore, corre a Figliano che, salvo cambiamenti di data, dovrebbe essere più o meno in corso. Auguri!


Ma basta con le divagazioni.

Come immagino si sia notato, in queste mie corrispondenze mi sono tenuto alla larga come dalla peste dal cliché, a mio giudizio un po' abusato nel mio ambiente (forse perché molto funzionale al fund raising?), di "vedi-quanti-problemi-abbiamo-qui-e-come-soffre-questa-gente-e-quanto bisogno-abbiamo-del-tuo-aiuto". Non che non sia vero, magari! Ma, al di là del mio inveterato snobismo, il fatto è che qui c'è ben di più, come ho cercato di mostrare in questi mesi.

Ecco, il racconto di oggi rischia seriamente di scivolare nel cliché. Forse si salva per il fatto che manca il finale scontato.

Conclusa la premessa. Perdonate le punzecchiature inutilmente polemiche (nonché potenzialmente autolesioniste!).


Bene. Qualche giorno fa arriva per email una lettera di Dom Geraldo (il nostro Cardinale) a tutti i preti di questo tenore:

"Rev.mo Padre, Pace e Bene. Assistiamo, spaventati, a notizie di violenza galoppante nelle nostre città. Vite innocenti sono falciate, "giustizia" è fatta con le proprie mani e, in particolare, la popolazione più bisognosa soffre la morte dei suoi giovani. Davanti a questa realtà non possiamo solo rimanere a guardare passivamente. Dobbiamo agire, dare un segnale di solidarietà alla città che soffre..."

A dire il vero noi preti delle periferie era un bel pezzo che ce ne eravamo accorti, anche senza bisogno di leggere i giornali. Nella mia comunità, per dirne una, in tutte le messe feriali - dove le intenzioni di preghiera sono anche spontanee - non manca mai un'invocazione perché diminuisca la violenza nel nostro quartiere.

Notizie di assalti (rapine) sono all'ordine del giorno. Un paio di settimane fa è venuta una signora a chiedermi una messa "de 7º dia". Mi sono informato per chi era la messa e mi ha risposto che era per il marito. Ho chiesto l'etá e mi ha detto 44 anni. E qui è scattato il più classico dei meccanismi di identificazione che mi ha ben impresso nella memoria il colloquio (ricordo che io di anni ne ho 46). Ho chiesto come era morto. Mi ha risposto che aveva subito un assalto qui vicino e che aveva consegnato tutto (forse il primo consiglio che ho ricevuto arrivando!). Poi però si era spaventato e aveva cominciato a correre. Morale: un paio di spari nella schiena e una vedova con prole.

Solo una delle tante storie, purtroppo suffragata dai dati ufficiali. Secondo il giornale "A Tarde", che in un articolo del 6/7 scorso cita dati del Centro de Documentação e Estatística Policial, nel 1º semestre di quest'anno sono state uccise - nella sola Salvador - 242 persone contro le 156 dell'anno scorso. A parte l'esorbitante numero assoluto è la tendenza che preoccupa: un aumento di oltre il 55%. Continuando così in capo a una ventina d'anni non rimane nessuno da ammazzare...

Lo so, è un artificio retorico rozzo basato su un calcolo ancora più rozzo. Purtroppo però la situazione é grave davvero.

Eppoi qui non abbiamo nemmeno gli zingari e quindi non sappiamo a chi dare la colpa di tutto. Oddio, anche i negri presterebbero bene, ma non è la stessa cosa... E poi questi non sono quattro straccioni che puoi insultare impunemente e fare raid pseudopunitivi: questi sono tanti. E grossi. Se si incazzano...

Riprendendo il discorso, mi risulta poi che da tempo in più d'uno dei suddetti parroci avevano richiesto che la Chiesa si mobilitasse con forza in questa direzione. Richiesta alla fine esaudita. Resta un'incognita, almeno per me, l'urgenza, di fronte a una situazione ormai endemica da tempo, di mettere in piedi in nemmeno 10 giorni una iniziativa in grande stile, ma ci siamo dati da fare senza farci prendere dalle dietrologie (ci divertiremo in quello quando ci troveremo riuniti come clero nella settimana di esercizi spirituali che c'è tra poco, temo).

Dopo aver ricordato il lavoro importante delle pastorali nella costruzione della pace Dom Geraldo ha dato le agognate direttive: Adorazione eucaristica dalle 8 alle 18 con benedizione conclusiva data sulla porta della chiesa verso la città, poi Messa. A mezzogiorno un minuto di silenzio al suono di tutte le campane della città. Chi non poteva uscire di casa è stato invitato ad accendere alle 18 una candela e a metterla alla finestra. Gesti di preghiera, di solidarietà con le vittime, di pressione verso le autorità perché si diano più da fare, di stimolo alla conversione di tutti verso una società più solidale e attenta ai bisogni dei più piccoli.

Con l'equipe di comunicazione ci siamo messi al lavoro per divulgare la cosa: uno striscione accanto alla facciata della chiesa, stampa di inviti da consegnare a tutti i partecipanti alla messa domenicale (5 ciascuno) con l'impegno a distribuirli ad amici, parenti, conoscenti. Minilocandina da mettere alla fermata del bus e nei negozi che accettano. La radio diocesana e le interviste ai media di Dom Geraldo supportano adeguatamente.


Domenica scorsa alla fine della Messa breve riunione con gli impegnati in parrocchia per organizzare un "rodizio" di presenze e di animazioni (dura, e pastoralmente discutibile, reggere da soli 10 ore di adorazione!).

E così ieri finalmente è arrivato il grande giorno. Per l'occasione avevamo anche riattaccato la corda alla campana.

L'altare era stato adornato anche con cartelloni riportanti notizie di violenze nella città - un lavoro fatto due o tre mesi fa dai bambini della catechesi - e da segni di speranza (la colomba, la brocca, i ceri, le bandierine bianche).


Al mattino la presenza era minimale (mai però sotto le 20 persone), verso la conclusione invece si è riempita al punto che c'erano persone in piedi. Quelle col nastro rosso sulle spalle appartengono al venerando Apostolato della Preghiera (era il 1º venerdì del mese), ma c'erano anche diverse facce nuove, segno che forse abbiamo toccato un nervo scoperto.


L'animazione è stata buona. Da queste parti il silenzio proprio non usa. Mi dovrò abituare.

Trascrivo una testimonianza che ci ha fatto pervenire una persona che vive a 200 metri dalla chiesa: "Sono stato vittima di due rapine in meno di 15 giorni. La prima il 7 aprile 2008 verso le 17,40, all'entrata del negozio dove due tizi, arma in pugno, hanno costretto me, mia moglie e mia figlia a entrare in negozio e obbligato ad aprire la cassa per prendere la somma che avremmo dovuto depositare l'indomani. Uno dei due non si accontentò di rinchiudere noi tre nel negozio, ma prese anche un vicino, facendone un testimone della rapina.
L'altra è stata il 28 aprile. È stata diversa dalla prima perché si è svolta in strada mentre stavamo andando a depositare l'incasso e, al percorrere Rua Direta da Maçaranduba, sono stato abbordato da tre tizi che sono scesi da un auto arma in pugno, mi hanno detto che era una rapina e hanno tentato di portarmi via con loro. In quel momento Nostro Signore Gesù Cristo mi ha protetto e loro hanno desistito". Però ha chiuso il negozio.

Sono state poi ricordate due persone uccise nell'ultimo anno nel nostro quartiere. Storie penose.

A mezzogiorno anche noi abbiamo suonato la campana, perlomeno finché la corda non ha nuovamente ceduto lasciandoci ancora una volta senza voce. Pazienza.

Secondo copione alle 18 benedizione alla città sulla porta di chiesa. Eccomi in azione in posa ieratica.


Il giornale di oggi riporta in 12ª pagina l'articolo sul "Dia da Paz" raccontando alcune delle manifestazioni svolte in città. Ma la notizia più ghiotta è quella di apertura, in prima, quasi a tutta pagina. Siluramento del capo della Polizia militare (più o meno i Carabinieri, con la differenza che hanno con il monopolio dell'ordine pubblico ma senza funzioni di Polizia Giudiziaria) messo esplicitamente in relazione con l'aumento degli omicidi nell'ultimo periodo. Un primo risultato o un po' di fumo negli occhi? "Lo scopriremo solo vivendo" cantava il grande compianto Lucio (Mogol-Battisti, Con il nastro rosa. LP Una giornata uggiosa. 1980)


Mezz'ora fa, dopo un mese di agonia, è arrivata una lettera del Centro Missionario contenente l'ultimo documento che mi manca per rinnovare il visto. Ha affrontato il lunghissimo sciopero dei postini e ne è uscita vittoriosa. Eroica. Grazie Mario. Grazie Suor Gianna.


Lunedì ricevo una visita: Francesco e Chiara, sposi novelli amici di don Piero Sabatini, passeranno qualche giorno in casa mia. La cosa mi fa piacere. A parte i miei, le uniche visite che sto ricevendo sono di sposi in viaggio di nozze. Quasi quasi apro un business...


Nell'ultimo messaggio ho esagerato con le immagini, in questo con il testo. Non ci si azzecca mai. Desculpe.

Buon agosto.

Fate i bravi. Luca


P.S. Per gli amici legittimamente anglicappati.

"Ghost writer": lett. "scrittore fantasma", viene così definito, tra l'altro, l'estensore dei discorsi pronunciati poi da una personalità pubblica.

"Grand Slam": espressione originaria del bridge che indica il colpo massimo che si possa realizzare. Nel 1933 fu applicata per la prima volta da un giornalista americano al gioco del tennis per indicare la vittoria, nella stessa stagione, dei 4 principali tornei (Australia, Francia, Wimbledon, Stati Uniti) e ebbe in questo contesto una grande fortuna. Fu poi applicata poi in situazioni simili anche al rugby e a non so che altro.

"Fund raising": lett. "raccolta fondi" (ma to raise ha un'accezione un po' più ampia), nobile arte di reperire i mezzi economici indispensabili per la sussistenza di iniziative sociali, filantropiche, caritative, che per definizione lavorano in perdita.

"business": questo è troppo usato per doverlo tradurre...

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domenica 20 luglio 2008

Giovani

Ciao gente,

nel mio ultimo messaggio il passaggio sulle notizie inviate e ricevute ha mosso diverse reazioni (in verità anche la mia foto, ma questo é un altro discorso). In realtà la frase è andata al di là delle intenzioni, suonando come un rimprovero. Quello che volevo esprimere era solo la difficoltà - sperimentata evidentemente da molti - di fermarsi per dedicare un po' di tempo alla scrittura, ma probabilmente a più di otto mesi dalla partenza l'inconscio sentimento di lontananza e di sete di notizie che mi facciano sentire più presente nella vita delle persone a cui voglio bene ha preso il sopravvento e portato a quella coloritura un po' "rivendicativa" che, ripeto, era decisamente oltre il voluto.

Chiarito (spero) questo, passiamo alle novità.


Fine settimana insolitamente pieno, per i miei standard attuali naturalmente. Sabato pomeriggio celebrazione con i bambini della catechesi per "iniziare a iniziarli" all'Eucaristia. Buona partecipazione, anche delle famiglie, e i ragazzi che avevano preparato e provato gesti e interventi per animare questo momento. A tutti è sembrato un momento positivo. A notte Messa (mensile) nella quasi comunità di Baixa do Petroleo. A me piace il clima familiare che si riesce a vivere nelle celebrazioni di questa piccola comunità che vive schiacciata dalla vicinanza della Matrice che un po' in questi anni ha teso a centralizzare le iniziative.

Dopo la Messa riunione di coordinamento dei gruppi di catechesi parrocchiale. Riunione piuttosto veloce perché, mancando i catechisti di due gruppi su tre, le decisioni sono state prese piuttosto rapidamente.

Stamani Messa nella Matrice e poi subito al centro pastorale per unirmi al primo incontro specificamente rivolto ai giovani promosso da non so quanto tempo dalla parrocchia, e come tale un'incognita.

Quando Erinalda, una catechista della comunità di Mangueira, ha cominciato a lavorarci c'era ancora Anna Maria, che le ha dato il primo forte appoggio.


Sono quasi tre mesi che siamo entrati nella fase operativa della preparazione di questo incontro: formare l'equipe di animazione e i team di supporto (cucina, addobbo, pulizia), decidere la data, il taglio, la struttura e il programma dettagliato della giornata, nel frattempo tentare di coinvolgere i pochi giovani presenti in parrocchia ad avere un ruolo attivo nella promozione e svolgimento dell'incontro. E poi il menù, la distribuzione di incarichi e responsabilità. E la pubblicità. Una specie di Figliano bonsai (per gli extra-sampierini Figliano è il campo scuola estivo tradizionale un po' "monstre" della parrocchia - con Galliano e Campomigliaio - carico di storia e di aspettative. Generazioni di adolescenti e giovani si sono formate lì. A proposito, se le date sono rimaste le stesse tra pochi giorni dovrebbe cominciare. Auguri affettuosi). Insomma era diventato un affare di stato che ha suscitato anche le curiosità e in qualche caso le gelosie inespresse dei lider (informati, ma non sempre coinvolti). Alla fine si sono mobilitati in 20 in qualità di "appoggio" all'incontro, anche a causa dell'indole decisamente ansiosa di Erinalda che l'ha portata a chiedere aiuti anche in forme ipertrofiche. Tudo bem, eravamo trendy.


Io, disilluso come il mio solito, mi aspettavo al massimo una ventina di giovani. Verso le 10, quando sono arrivato, invece, erano 38, e mi dicono che un'altra decina si è unita alla spicciolata (a cinque ho aperto io).


Graças a Deus!

La giornata prevedeva quattro momenti, il primo dei quali era accoglienza e coinvolgimento,


Piccolo spuntino di intervallo.

Il secondo momento prevedeva l'ascolto di una hit di qui (con testo adeguato) e il lavoro in gruppo che portasse a condividere le impressioni e le riflessioni emerse.


e si è concluso con un intervento di Francisca, laica consacrata con una stoffa da educatrice superba. È lei che lavora e mi invita all'orfanato del mio cuore.


Finalmente è arrivata l'ora di pranzo, preparata da un team (Ielson e Mara, più altri aiuti) che è una garanzia!


Il menù prevedeva "macaronada", che si è rivelata essere spaghetti mosci e tiepidi con intingolo a base di wurstel e spolverati con un latticino immondo. Il mio palato italiano ha dovuto superare diverse perplessità, ma la platea ha mostrato di gradire. Tudo bem. In fondo, se non sei un patito di dolci, non è difficile seguire un regime alimentare sano in un posto dove la pasta non la sanno fare, i formaggi sono deprimenti e gli insaccati improponibili, almeno per i nostri standard.

Ma non divaghiamo. Al pomeriggio riflessione sulla parabola dei talenti per passare il messaggio del valore di ciò che siamo e sull'importanza di mettersi in gioco, concetti riespressi dai giovani in forma artistica, dove mi hanno pure coinvolto.


La giornata è andata verso il suo epilogo con un momento di valutazione. Eravamo molto preoccupati di come tentare di introdurre una proposta che desse continuità all'esperienza, ma i giovani ci hanno spiazzato chiedendoci loro stessi esplicitamente di essere invitati da noi a riunirsi una volta al mese, tanto l'incontro era piaciuto a tutti, a parte un povero diavolo costretto dalla madre, un "appoggio", a presenziare fin quasi alla fine e che proclamava con il linguaggio del corpo tutta la sua insofferenza. Da parte nostra, superato il momento di stupita incredulità abbiamo magnanimamente accondisceso.


La conclusione, in linea con una prassi consolidata che unisce le sponde dell'Atlantico, non poteva che essere la Messa. Un momento partecipato con animazione da giovani e "appoggi" e vissuto, mi pare, con sincera intensità.

Ci siamo lasciati con professioni di ansia per l'attesa di vederci di nuovo.


Alla fine eravamo tutti euforici, pur a parole professando la piena consapevolezza della difficoltà di dar continuità perseverante al rapporto con questi ragazzi che si sono rivelati entusiasti e disponibili.


Bene, volevo solo rendervi partecipi della giornata. È arrivata l'ora di andare a dormire. Domani è un altro giorno, diceva Rossella O'Hara (conclusione di Via col vento, per i più giovani).

Solo un grazie ad Anna Maria che ha messo in moto il meccanismo e al gruppo di sampierini che mi ha regalato la meravigliosa TZ3 con la quale ho scattato la maggior parte delle foto inviate in questi mesi, comprese queste. Stavolta ho un po' esagerato con l'iconografia, lo so. Confido nella vostra clemenza.


Mi è arrivata notizia da Firenze di una paginetta e mezza di riflessioni stilata e proposta in questo periodo di attesa del nuovo Vescovo da un gruppo di preti che si riunisce mensilmente a Rifredi e del quale anch'io ho fatto parte prima di partire. Dice cose semplici e, ai miei occhi, quasi ovvie. Ma oggi forse anche, o proprio, le ovvietà sono diventate importanti. Così l'ho sottoscritta. Chi fosse interessato può richiederla a don Elio Agostini (elio.agostini@poste.it) che, ci scommetto, sarà felice di metterla a disposizione.


Buona notte.

Fate i bravi. Luca

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giovedì 12 giugno 2008

Notizie

Ciao gente,

ancora una volta è passato più di un mese senza che mi sia fatto vivo; questa volta la scusa è che dopo un po' che uno vive in un posto le novità cominciano a scarseggiare, specialmente per chi come me si è imposto un lungo anno di osservazione prima di azzardare cambiamenti.

Ogni tanto qualcuno si lamenta dei miei silenzi, ma poi devo dire che facendo i conti, tranne rare e preziose eccezioni, sono molte più le notizie che mando di quelle che ricevo. Tudo bem, anche questo era nelle previsioni.


Stamani sono stato invitato in una scuola municipale "Primeiro de Maio" ospite di un edificio di proprietà della Parrocchia. Un'insegnante aveva organizzato una mostra di lavori fatti con i bambini sulla storia della Penisola di Itapagipe, la nostra zona (vedi anche la foto in cima al messaggio).


La scuola si trova in una delle aree più problematiche della città, per intenderci lì vicino ci sono ancora le ultime delle palafitte che dagli anni '40 hanno marcato il paesaggio urbano e sociale di tutta questa area.


Mi è stato spiegato che il progetto è nato dall'intenzione di passare ai ragazzi l'orgoglio - nel senso di autostima - di abitare in una zona che non è solo favela, ma anche uno dei luoghi più importanti della storia di Salvador con riflessi nella storia e geografia mondiale.

Si tratta di plastici fatti con materiali riciclati che i ragazzi stessi hanno raccolto e elaborato, a conclusione di un lavoro di ricerca condotto con l'insegnante.

Il primo rappresenta lo sbarco dei portoghesi nella penisola.


Segue poi la rivoluzione industriale bahiana, che per i suoi costi sociali ha poco da invidiare a quella inglese (e ad altre). Centinaia di migliaia di persone ammassate su palafitte, con tutti i problemi che si possono immaginare e molti che NON si possono immaginare, tipo una contaminazione di mercurio rilasciato dalla Dow Chemical che ha avvelenato la Bahia e quanti si cibavano di pesci e molluschi. Una tragedia passata, per quanto ne so, sotto silenzio.


L'Idroscalo di Ribeira, primo aeroporto cittadino, che accompagna e serve la nascita dell'industria petrolifera (il primo petrolio brasiliano è stato scoperto in quell'area - Baixa do Petróleo, appunto, e Plataforma - da un ingegnere che abitava da queste parti.


Seguivano poi i plastici dei più importanti monumenti: stazione ferroviaria di Calçada, Chiesa e forte di Mont Serrat, e infine il Senhor do Bonfim il Santuario più importante della Bahia.


Al di là della necessità di mantenere i costi accettabili, la scelta di lavorare con materiali riciclati (un trionfo di cartoni e bottiglie di plastica) ha fatto sì che questo lavoro si appoggiasse, oltre che su materie tipicamente scolastiche come storia, geografia, geometria, portoghese, storia dell'arte, e su considerazioni sull'etica della cittadinanza (rispetto per il diverso), anche su interessanti spunti di educazione ambientale.

Insomma a prima vista un progetto notevole. Non a caso quella scuola lo scorso anno ha vinto un premio a livello cittadino che le è valso un decoroso lavoro di ricondizionamento dei locali.


In questi giorni sono stato cercato dalla Diocesi per sapere se fossi interessato ad usare alcune aree di proprietà della Fundação Dom Avelar, il braccio economico della diocesi. Il progetto più interessante è senz'altro quello nell'area dove si trovano gli impianti di emissione della radio diocesana e che si trovano ai margini della parrocchia, in una zona carente di tutto fuorché droga, ladri e prostituzione, mi dicono. Un posto interessante dove cominciare a lavorare.

L'altra area disponibile è un palazzo accanto alla "Citade de Deus", nomignolo che la gente del posto ha affibbiato alle casette costruite in sostituzione delle palafitte e che allude al film omonimo che è arrivato anche in Italia qualche anno fa. Non era un film romantico, tutt'altro. Se non ricordo male era uno spaccato della violenza che regnava in una favela di Rio de Janeiro. Anche quella è una realtà interessante "da lavorare", come dicono qui.


Per finire, più d'uno mi ha chiesto una foto mia dopo che è trapelata la notizia che il mio peso era tornato a due cifre.

Eccola, insieme (da sinistra) alla segretaria della scuola, all'insegnante che ha condotto il progetto e alla direttrice.


Un'ultima cosa. È ufficiale: dall'11 settembre al 16 ottobre sarò a casa per le "vacanze".

Sto bene e il morale, compatibilmente con il mio carattere disilluso e dissacrante, è alto.


Vi saluto con l'affetto di sempre.

Fate i bravi. Luca

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mercoledì 7 maggio 2008

Compleanno bahiano

Ciao gente,

sono le 10 e un quarto (di sera) e sono appena rientrato in casa.

Come alcuni hanno mostrato di ricordarsi (grazie a chi si è fatto vivo!) oggi era il mio compleanno, 46º in assoluto, primo in terra baiana.


Gia prima delle 8 (ero ancora sotto la doccia) Marcia, lider parrocchiale, si è presentata a farmi gli auguri e a regalarmi un CD: "Perfil", ultima raccolta di Ivete Sangalo, che stranamente ancora mi mancava.

Poi con il babbo ci siamo messi a invertire l'apertura della porta del frigorifero, schiacciandoci quasi tutta la mattinata. Lavoro interrotto frequentemente da telefonate di auguri.


A pranzo sono andato con i miei in una churrascaria a farci un "rodizio" di carne, una tipicità di queste parti (al sud del Paese ancora di più).

Riassumendo: paghi l'ingresso, le bibite e i dolci. Puoi servirti a volontà al buffet di riso, fagioli, verdure, frutta, pasta e sformati vari. Poi, la parte più suggestiva, i camerieri passano con degli spiedoni di carne arrostita, di diversi tagli, ti si fermano accanto per sentire se ne vuoi e nel caso te ne tagliano un pezzetto con un coltellone affilatissimo. Questo finché te ne entra. Quando poi hai bisogno di un momento di tregua prendi il cartoncino verde accanto al piatto e lo rigiri mostrando la parte rossa. E il cameriere sa che sei in sosta e gira al largo con i suoi spiedoni.


Il pomeriggio invece l'ho passato in casa a riguardare un po' di cose.


Quando sono andato in chiesa per la Messa ho capito subito che le mie aspettative di festeggiamento con un dolcino e una bibita dopo l'incontro di liturgia del mercoledì dopo la Messa erano decisamente inadeguate.

Chiesa in gran spolvero, tutti quelli più o meno impegnati in parrocchia presenti, il prete vicino che è venuto a concelebrare accompagnato da un suonatore di chitarra e uno di tamburo (con una voce eccezionale!), corale parrocchiale mobilitata, 4 tra lettori e commentaristi con la pettorina, due ministri straordinari del'Eucaristia in alta uniforme, gente di tutte le comunità della parrocchia. In sacrestia preparato per me il camice bordato che richiede l'amitto. Un caldo! Per prendere in giro ho chiesto al responsabile della pastorale liturgica a che pagina del Messale fosse il formulario della solennità del compleanno del prete. Presa di giro accettata di buon grado.

Appena entro noto alcuni tra i più grandi dei ragazzi dell'orfanato di Aguas Claras dove vado tutti i mesi, che sono venuti a festeggiarmi. Momento di commozione.


Commentario, introduzione di due flauti suonati dai ragazzi dell'orfanato, canto di ingresso e la celebrazione scorre, ripresa con la videocamera da mio padre debitamente imbeccato in precedenza.

Dopo il Vangelo due parole di commento e di ringraziamento. Quando sono sul punto di terminare... tum, trurrutumtumtumtum...

Ebbene sì, anch'io ho avuto l'onore dei foguetes, dei botti. Come gli orishà. Come i grandi santi nella loro festa (che comunque a volte qui sono la stessa cosa!). Come il Vitória che ha vinto il campionato bahiano (con enorme scherno della tifoseria del Bahia). E anche come la polizia che entra nella favela disturbando l'attività dei trafficanti (però in questo caso i foguetes non sono per festeggiarli, bensì per mettere in guardia i colleghi spacciatori). La mamma ha fatto un salto che l'hanno dovuta reggere.

La Messa scorre, intervallata da sporadiche scariche di foguetes (e puntuali salti della mamma). Dopo la Comunione il ricordo e un'orazione per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani e alla fine penso di essermela sfangata.

Altro errore!

Al posto degli avvisi, due della Pastorale della Comunicazione (che raffinatezza, eh! Un giorno ve ne parlo) mettono in scena una piece per il divertimento del pubblico e l'imbarazzo condiscendente mio. Fingono di rinfacciarsi di non aver nulla da dire su di me finché arriva una religiosa italiana a trarli dall'imbarazzo offrendosi di fare l'interprete con i miei genitori per raccontare la mia vita. Ecco che dalle loro delazioni, raccolte in precedenza, scaturisce una biografia che mi sputtana davanti a tutto il popolo e il comune! E va beh. A questo punto rimane solo il canto di buon compleanno e di richiesta a Dio che mi benedica, cosa a cui mi sottopongo di buon grado.


Grazie a Dio (ho dovuto imparare questo intercalare: qui a dire "per fortuna" - come ero solito fare - ti guardano perplessi come fossi un miscredente che non riconosce la presenza di Dio nei fatti della vita. Che abbiano ragione?), grazie a Dio, dicevo, la Messa è finita.

In chiesa diverse decine di abbracci di prammatica. Non i lamento: abbracciare mi è sempre piaciuto.


Finito, direte voi. Macché.

Dopo la Messa tutti al Centro di Pastorale per la parte ludico-conviviale (confraternização, dicono qui).


Coreogafia italo-brasiliana con alle pareti gruppi di palloncini tricolori e giallo-verdi. Spettacolo di Capoeira (notevole), altri foguetes, rinfreschi, bibite. Altri canti di auguri e benedizioni, altri abbracci e l'immancabile dolce con le candeline, di quelle che dopo spente si riaccendono da sole per costringermi al bis.


Ora l'abbozzo. Volevo solo tentare di dare un'idea di un tipo di festeggiamenti, e mi auguro di affetto, a cui non ero abituato, almeno in queste forme.


Insomma anche se i problemi non mancano - il più grave un momento di forte tensione con Pe. José Antonio, il gesuita che ha retto per due anni la parrocchia e che tuttora è il punto di riferimento della comunità di Mangueira, tensione che rischia di polarizzare anche le comunità - qui quando c'è da festeggiare non ci si tira indietro. Se qualche collega sente la mancanza di calore umano in parrocchia può fare un pensierino a trasferirsi da queste parti. Qualcosa da fare gli si trova.


Il lavoro procede. Entro la fine del mese c'è in programma un mutirão (lavoro comunitario, ha la stessa radice di "mutua") per riattivare un salone parrocchiale, che in questo momento è solo un deposito, per farne un salone per incontri aperti a tutti, dato che per prudenza il centro Pastorale è di fatto riservato agli incontri delle persone già conosciute e coinvolte nelle pastorali.

Il progetto iniziale era di farne la casa parrocchiale, ma stando qui mi sembra meglio soprelevare di un piano il Centro Pastorale ricavandoci la casa parrocchiale e una terrazza coperta che tolga un po' di caldo dal centro e che sia un ulteriore spazio disponibile per attività. Ma questo sarà argomento di conversazione con il vescovo a settembre, quando verrò in Italia.

Lo sforzo di aumentare la comunicazione e la progettazione congiunta delle pastorali mediante l'incontro mensile del primo martedì sta faticosamente comincindo a dare i primi frutti. Speriamo.

Invece al primo degli incontri di catechesi biblico-liturgica (più liturgica che biblica) richiesti a gran voce da molti lider, hanno soprasseduto per primi quelli che più li avevano richiesti, ritrovandoci così uno sparuto gruppetto. Tudo bem. Noi si va avanti. Che altro si può fare, del resto? E comunque episodi del genere mi sembra di ricordarli anche in Italia...


Io sto sempre bene, contento di stare qui, curioso di quello che ho intorno, affezionato alle persone.


Vi saluto con affetto.

Fate i bravi. Luca

P.S. Un grazie al babbo per le foto

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domenica 20 aprile 2008

A Don Antonio di San Piero

Ciao collega,

ti scrivo per ringraziarti dei 600 Euro che mi hai fatto avere tramite i miei genitori.

Li ho già spesi!

Tiamira, che i bambini del suo asilo chiamano "tia Mira" (zia Mira), è una signora che vive qui da sempre e da sempre cerca di offrire un'accoglienza ai bambini più piccoli e più poveri.

È stata la prima responsabile parrocchiale della Pastorale dei bambini, che si occupa di seguire le madri dalla gestazione fino al compimento dei 6 anni del figlio. A questo ha unito un impegno ancora più diretto.

Donna abituata a lottare, prima ha raccolto i bambini in casa sua, poi in un locale un po' più grande, infine ha invaso laboratorio abbandonato pieno di immondizia e covo di tossici, lo ha ripulito e ci ha installato i suo asilo. Ho portato pochi giorni fa i miei genitori a visitarlo.

Ha sempre ospitato i figli dei più poveri e quindi ha sempre avuto problemi economici. Quando questi si acuiscono — e succede di frequente — somatizza con sbalzi di pressione che a volte la costringono al ricovero in ospedale.

Tutto questo non l'ha mai fatta deflettere di un millimetro dalle sue scelte.

Ultimamente il governo ha fatto un controllo sul "suo" asilo, che in realtà per statuto è della comunità, e l'ha minacciata di chiusura se non avesse ridotto il numero dei bambini e fatto dei lavori indispensabili. Naturalmente non aveva il becco di un quattrino.

Ha dovuto adeguarsi. La cosa che le pesa maggiormante è la riduzione del numero dei bambini accolti, perché, pur essendo ben consapevole delle carenze della struttura, sa benissimo che l'alternativa al suo asilo non è un asilo migliore con tutti gli standard a norma, ma la strada!

Alcune ditte le hanno regalato il materiale necessario con l'obbligo di utilizzarlo entro una certa data, ma la la spesa per la mano d'opera le è rimasta sul gozzo. Oltre tutto il tempo stringeva e lei ha deciso, per non perdere anche il materiale, di iniziare i lavori pur non potendoselo permettere.

Ora è arrivata quasi in fondo ma ha potuto pagare solo una parte degli operai. Chi è rimasto senza l'ha pesantemente minacciata al punto che ha avuto un'altro scompenso è dovuta di nuovo andare in ospedale.

Io ho preso la tua busta pari pari e glie l'ho passata attraverso una religiosa italiana di qui che lei conosce bene e che mi ha raccontato tutta la storia.

Ti ho scritto per renderti conto dei soldi spesi e ringraziarti. Se vorrai informare, e ringraziare anch'essi da parte mia, chi ha contribuito a raccoglierli, o anche altri, non ho niente in contrario, anzi mi fa piacere.

Se e quando poi qualcuno verrà in visita da queste parti, avrà l'onore di conoscere questa donna straordinaria e la sua opera.

Un abbraccio dai caldi tropici. Luca


P.S. Per conoscenza, e affetto, come puoi vedere ho mandato copia al Centro Missionario Diocesano.

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lunedì 24 marzo 2008

Pasqua baiana

Salve, gente.

Serata di Pasqua. Sono davanti alla televisione a godermi la replica di una serata del "Festival de Verão" — che si è tenudo qui a Salvador in gennaio — dove la meravigliosa Mariene De Castro fa una comparsata nello show del monumento vivente Edith Carvalho e duettano scalze in un pout-pourri di samba baiani. Superbo.

Bene. Vediamo. Della domenica "Dos Ramos" vi ho già raccontato.

Allora: in settimana mi è toccata una razione non eccessiva ma comunque sufficiente di confessioni. Com mia sorpresa sono riuscito anche a interloquire abbastanza spigliatamente, almeno nella maggior parte dei casi. Spero solo che, oltre che spigliato, sia stato anche pertinente nei miei colloqui. Ancora non ne posso essere sicuro.

Martedì ho convocato una penitenziale comunitaria e, dopo aver fatto una breve introduzione, ho letto un brano di Vangelo, una breve predica, il Padre Nostro e mi sono messo a confessare. Quando un paio d'ore dopo ho finito, mi hanno spiegato che qui per penitenziale comunitaria si intende una celebrazione di stampo penitenziale al termine della quale si dà l'assoluzione generale a chi non ha peccati gravi sulla coscienza. Ohhps! Va bene, me lo segno per la prossima volta.

Giovedì alle 20 "Ceia do Senhor": una dozzina di apostoli scelti dalle varie pastorali con l'idea di "promuovere la vita" secondo lo slogan della "Campagna di Fraternità". Per il momento della lavanda dei piedi al posto dell'asciugatoio indicato dalla liturgia mi hanno porto una enorme "ventana", cioè un ben più espressivo grembiale che non so da dove sia saltato fuori. In fondo mi e piaciuto. Per L'adorazione poi c'è chi si è preso la briga di montare uno sfondo di legno pieghevole da addossare al muro per sostenere un tabernacolo. Semplice e bello. Congratulazioni. Alle 23, più o meno, tutti a letto.

Venerdì santo alle 16 Via Crucis in Chiesa. Mi hanno spiegato che l'anno passato avevano provato a farla nelle strade del quartiere, ma il risultato si era rivelato fallimentare. Anche perchè il clima del venerdì santo da queste parti è ben differente da quello al quale ero abituato, e non è una considerazione meteorologica. A parte la temperatura, qui la sottolineatura di stampo iberico della sofferenza di Cristo è marcante. Sarà per questo, penso, che qui il venerdì santo è giorno di festa. Altra cosa abbastanza sconcertante è che il venerdì santo è diventata la festa in cui, approfittando anche del ponte festivo, le famigie si riuniscono e si fanno delle solenni sgrifate di cibi tradizionali bahiani (carurù, vatapà, feijão fradinho, moqueca e il resto accompagnati, in via del tutto eccezionale, anche da vino). Forse c'entra qualcosa il fatto che in passato i giorni di penitenza dei padroni erano gli unici giorni possibili di festa degli schiavi. Poi però succede che nelle famiglie emergono le tensioni che il tasso alcolico, spesso alquanto alterato, non aiuta a ricomporre e va a finire che il numero di morti e feriti del venerdì santo è addirittura superiore al quello del carnevale. Così siamo stati dentro. A dir la verità avevo anche buttato lì la considerazione che ai margini della via di Gesù caricato dalla croce probabilmente non c'erano penitenti silenziosi, composti e oranti, ma tutti hanno insistito sull'opportunità di rimanere dentro. Mi è sembrato saggio dar retta agl'indigeni.
La via crucis è stata abbastanza particolare: invece delle tradizionali stazioni ho chiesto a quattro pastorali (bambini, anziani, malati, famiglia) di preparare testimonianze sulle difficili situazioni che si incontrano nel loro quotidiano e abbiamo messo la via crucis e la passione della nostra gente a fianco della croce di Cristo. A queste testimonianze ho aggiunto la mia sulle grandi aree di crisi nel mondo, tanto per allargare un po' gli orizzonti e forse per dare un senso alla presenza di un prete "gringo" in quella parrocchia. La Celebrazione della Passione si è svolta normalmente. Unico elemento distintivo un bel buco nel pavimento della chiesa dove viene drizzata la croce per essere adorata. Anche quella mi è sembrata buona. Tra l'altro c'era più gente del previsto.

Veglia pasquale. Celebrazione abbastanza partecipata. La Celebrazione è iniziata alle 20, perchè qui non usa andare in giro tardi la sera, almeno per andare in chiesa. Abbiamo abbastanza "alleggerito" la liturgia della Parola (cosa che non amo, ma anche in questo caso ho dato retta agli autoctoni). Ci doveva essere un battesimo di una giovane, ma all'ultimo momento ha dato forfait. Tudo bem. Clima festoso e grandi abbracci di pace. Verso le nove e mezza tutti a letto dopo un'altra razione abbondanti di abbracci e di auguri. Nei 200 metri per andare dalla chiesa a casa ho trovato ben 2 "giuda" impiccati o impalati pronti in attesa che gli venga dato fuoco, cosa che è puntualmente avvenuta tra le 11 e mezzanotte, con effetti pirotecnici tipo scoppio del carro. Il tutto accompagnato da musica e abbondanti libagioni. Beh, del resto è festa!

Le celebrazioni sono state tutte nella chiesa matrice, più grande, mentre nella cappella di Manguiera (N.S. di Fátima) in assenza di Pe Zé Antonio che era andato a celebrare Pasqua in una parrocchia dell'interior, i ministri hanno guidato e animato le celebrazioni per chi non poteva arrivare fino alla matrice, o più semplicemente si sentiva maggiormente a proprio agio nella propria comunità. Così per la Messa di stamani, tradizionalmente poco popolata, abbiamo soppresso quella della matrice e alle 8 abbiamo "invaso" la cappella di Mangueira. Ottima idea.

In queste celebrazioni non c'è stata una persona appena appena un po' coinvolta in parrocchia, che non mi abbia chiesto di salutare Anna Maria.

Finito la messa mi sono fermato pochi minuti nella segreteria della matriz, temporaneamente alloggiata nella sacrestia, per vedere se riuscivo a far funzionar il computer che faceva le bizze. Su come faccio il prete secondo me ancora in diversi hanno delle perplessità, ma sulla mia competenza con i computer c'è un accordo genereneralizzato. E infatti il computer è ripartito.

Ho approfittato dell'occasione per vare una mezz'oretta di visita alle Volontarie, laiche consacrate che si sono prese cura da molto tempo della parrocchia e che mi sostengono e aiutano. Sono loro riconoscente.

A pranzo sono andato a Capelinha, da Suor Renata. Lí ho trovato Pe. José Carlo, Suor Germana, Rita, Letícia, Driele, Josicléidi e Socorro. Pranzo e pomeriggio piacevoli. Al ritorno mi sono fermato al supermercato a Gerál, stranamente aperto, dove ho preso corn flakes, latte parzialmente scremato (che qui si trova con difficoltà, è tutto intero o scremato) pile, giornale e un po' di necessario per l'igiene. E sono rientrato a casa.

Bene, lo show è finito e si è fatta l'ora di andare a letto. 'Notte a tutti.

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domenica 16 marzo 2008

Auguri transoceanici di buona Pasqua

Salve, gente.

è un pezzetto che non mi faccio vivo. Mi scuso.

Di cose ne sono successe, anche parecchie, solo che era difficile fermarsi a raccontarle. Non per il tempo, per la testa. Tranquilli, sto bene. Solo bisogno di riflessione.

Oggi parlavo con Ielson, un tassista membro di un istituto secolare che abita in parrocchia, e gli dicevo che sento che la mia formazione è inadeguata per la realtá di qui e che ho bisogno di riqualificarmi. Non se l'aspettava.

La scorsa settimana Anna Maria è tornata in Italia per rientrare al lavoro. La gente è stata commovente, e infatti lei si è commossa. Alle lacrime. Qui tutti aspettiamo il suo ritorno. Non passa giorno che non mi chiedano di lei.

Al contrario di me, che sono anche eccessivamente cauto nel muovermi, lei si era buttata a prendere in mano i cori, la coordinazione della comunità della Matrice e si era resa disponibile per insegnare musica e italiano e per accompagnare progetti educativi. E la gente ha apprezzato, molto.

Oggi abbiamo fatto la processione "dos ramos" dalla cappella di N.S. de Fátima alla Matriz. Eravamo appena partiti che ci ha preso in pieno un'acquata coi fiocchi. Mi si è stinta anche la stola nuova di pacca! Però, dopo i primi momenti di smarrimento, abbiamo continuato la processione con allegria cantando (bravissima Miriam, la nuova responsabile della corale), levando in alto le palme che ognuno si era portato da casa (che bello non dover pensare a procurare l'ulivo per tutti per poi beccarsi i lamenti perché non è mai abbastanza), e concludendo la processione con la Messa in chiesa, tutti molli ma, tutto sommato, contenti.

Qui la lettura della passione è molto interattiva. Ci sono 4 parti e 3 lettori: il Padre, che tradizionalmente fa Gesù, il narratore, il lettore ,che fa i personaggi singoli. La folla la fà direttamente la gente. Bello. Sicuramente aiuta la partecipazione.

Siamo e entrati nella settimana più intensa e bella dell'anno. Mi sembra di capire che qui si vivano questi giorni in un modo piuttosto diverso da quello a cui sono abituato. Tanto per cominciare qui non è primavera, con la natura che rinasce e aiuta ad entrare nel senso della festa. È autunno. Ma vi racconterò.

Approfitto dell'occasione per farvi i miei migliori auguri di

Buona Pasqua!


Un abbraccio e fate i bravi. Luca

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lunedì 18 febbraio 2008

Ubuntu, pioggia e inizio del lavoro

Salve, gente,

intanto, come si può intuire dal messaggio più "chic" (pron. "scìchi", parola che qui adorano!) qui ci siamo tecnologizzati.

Non c'è più bisogno di vagabondare per computer estranei a scrivere messaggi sul gestore di e-mail installato sulla chiavetta usb e mendicare un posto in internet point spesso sovraffollati.

Ora abbiamo una linea adsl, più un portatile che ho categoricamente, cocciutamente, ideologicamente voluto equipaggiare non con Windows bensì con Ubuntu, distribuzione sudafricana di Linux, gratuita e libera. E siccome troppa coerenza rischia di inorgoglire, abbiamo anche Skype, programma di telefonia via internet tutt'altro che libero, ma che è comunque gratis. E funziona anche bene. A volte bisogna sapersi contentare.

Oggi è venuta la prima pioggia seria, di quelle che bisogna aspettare che finiscano prima di uscire. Questo mi ha rievocato ricordi amari: in questa città la pioggia ha duramente castigato chi ha costruito il proprio ricovero sui dei dirupi con frane costate la vita a dedine di persone. Tranquilli, qui la prima altura è a un paio di chilometri. Rassicuro poi chi fosse preoccupato per le rigidità del clima che sto scrivendo questo messaggio con calzoncini corti, fruit di cotone e scalzo. I passati febbrai sampierini erano decisamente un'altra cosa.

Con la Quaresima qui è cominciato l'anno pastorale. Come sempre il tono lo dà la "Campagna di Fraternità" promossa dalla CNBB (equivalente alla CEI, i vescovi insomma) che quest'anno è sul tema della vita. Anche qui sta diventando terreno di scontro ideologico su aborto e eutanasia. Tutto il mondo è paese. Quello che apprezzo è che questi temi sono trattati in un contesto di riflessione e impegno a 360 gradi in favore della vita, compreso povertà (qui c'è il dramma dei senza casa, gente che dorme letteralmente nelle strade e nelle piazze), violenza, droga, condizioni di vita indegne nelle carceri, violenza dello Stato, esclusione sociale...

Con l'inizio dell'anno pastorale anch'io ho cominciato ad assumere la direzione della parrocchia, facendo naturalmente le prime bischerate. Triste legge della vita che si impara sempre sulla pelle degli altri. Meno male che sembrano capire. E meno male che Anna Maria, con il suo portoghese ancora più maccheronico del mio, ricuce gli errori.

Qualcuno mi ha chiesto notizie di me. Sembra banale, ma al momento sto proprio bene. Aspetto da un momento all'altro la botta di nostalgia, ma non voletemene: per ora non arriva.

Sto assumendo un altro linguaggio, che non è solo un idioma, ma un modo di pensare, di interloquire, di relazionarsi, di stare. Ho appena cominciato, ma la cosa è affascinante. È un po' come un trasloco, rimane l'essenziale, il resto cambia. E ci si rinnova.

Se voglio mettere a frutto per me e per gli altri la mia presenza qui devo fare cose che non ho mai fatto, imparare in qualche modo a essere come finora non sono stato. "É um desafio", una sfida, come dicono qui dando al termine una coloritura di entusiasmo.

Insomma, per ora la cosa funziona, Graças a Deus.

Un abbraccio e fate i bravi. Luca


P.S. Ho dovuto ridurre il numero delle persone a cui indirizzarlo con un unico invio suddividendo i gruppo perché mi attrapagliava gli invii. Forse qualcuno ha già ricevuto qualche copia della presente. Nel caso mi scuso

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mercoledì 6 febbraio 2008

Ebbene sì, è Carnevale!

5 febbraio 2008, martedì grasso.
Oi gente,

sull'incontro dei fidei donum italiani in Brasile che si è tenuto a Manaus la scorsa settimana ho già scritto un articolo per Toscana Oggi che uscirà la prossima settimana, così almeno mi ha scritto Riccardo Bigi. Lo stile è un po' più formale rispetto a quello che uso di solito per le mie lettere, ma per una volta fatevelo bastare.

Quando sabato notte (da voi sarebbe sera, ma qui diciamo notte appena fa buio) sono tornato ho trovato la città in pieno Carnevale, che era cominciato - a parte i vari "anticipi" - il pomeriggio stesso a Rio Vermelho in concomitanza con la festa di Yemanjiá, dea del mare. Per stavolta, in via del tutto eccezionale, non vi tedio con le leggende yoruba sugli orixá. Ubi maior, minor cessat.

Circa metà dell'aereo che veniva da São Paulo era pieno di ragazzotti/e supereccitati alla prospettiva di passare il Carnevale a Salvador. A quanto ho capito il programma più o meno è questo: "pular Carnaval" fino alle ore piccole (qui diciamo madrugada), alzarsi tardi al mattino, spiaggia fino al pomeriggio e poi ricominciare da capo. Ed eventualmente qualche attività extra, possibilmente di carattere erotico. Del resto chi va a sentirsi "Noite dos mascarados", celebre vecchia tradizionale canzone sul carnavale, intende bene che da queste parti il sesso spensierato è praticamente essenziale per celebrare il carnevale. Il che poi potrebbe aprire interessanti filoni di riflessione sul'’inculturazione, sui quali però è meglio sorvolare...

Anche perché mi dicono che dopo il Carnevale in città si registra un picco di gravidanze indesiderate e di malattie sessualmente trasmesse, senza contare il tripudio di herpes. Evidentemente le campagne per incitare all'uso del preservativo non sono così risolutive. Ma chissà, forse senza sarebbe anche peggio. Da parte mia sono propenso a ritenere che quando uno/a è ciucco/a di birra e caipirinhe varie gli può mancare un po' la lucidità per provvedere alla prevenzione. E forse anche la manualità necessaria!

Tanto per dare un'idea di come qui il Carnevale sia una cosa tremendamente seria, oggi - martedì grasso - è festivo. Infatti, ma non solo oggi, in giro per il bairro c'è pochissima gente: o sono al Carnevale in centro, e giustamente quando tornano a casa stanno zitti e buoni a letto per riprendersi, oppure, approfittando del ponte, sono nell'interior a visitare i parenti.

Carnevale soteropolitano (non fate la faccia strana, qui si dice proprio cosí, e con orgoglio. Per chi non è avvezzo al greco "sotèr" significa salvatore e "pòlis" città , quindi...):
Piccolo dizionario delle parole indispensabili

PULAR: il Carnevale qui si "pula". Letteralmente mi sembra di aver capito che significhi "saltare". Viene usato anche in senso figurato: la fila, la scuola, ecc., ma in questo caso l'accezione è proprio letterale. Già questo dà un'idea dell'atteggiamento da tenere nei confronti della manifestazione, che non è esattamente quello di contemplazione distaccata e cogitativa. Vale anche in questo caso il proverbio popolare che João Gilberto ha ripreso nel suo Samba da minha terra: "Quem não gosta de samba, bom sujeito não é: é ruim na cabeza ou é doente de pé". Traduzione libera: chi non ama il ballo ha dei problemi: o ha la testa bacata o ha il piede che non funziona.

AFOXÉ: società carnevalesca negra. Le associazioni di neri sono sempre state viste come una minaccia sovversiva, dal sistema bianco naturalmente. Anche in tempi recenti sono osteggiate con l'accusa di praticare in questo modo il razzismo, il che in questa società fortemente discriminatoria sarebbe anche comico, se non fosse grottesco. Comunque gli spazi legali che i negri si sono piano piano conquistati sono stati: all'inizio le confraternite religiose (Irmandades), poi, a metà del secolo scorso, gli Afoxé. Infine è venuta la legalizzazione piena dei terreiros di Candomblé. Il più celebre degli afoxé è senz'altro i "Filhos de Gandhy", nome scelto all'epoca per rassicurare l'establishment che questa associazione, nata tra i portuali di Salvador, non aveva intenzione di diventare strumento di lotta violenta per la sovversione della società. Mi dicono che sono rispettati e stimati da tutti. Ne fa parte anche Gilberto Gil, compositore, cantante e ministro federale della cultura nei due governi Lula. Quando arriva l'onda bianca dei "guerrieri di pace" (ho sentito parlare di sfilate di 20.000 persone nel carnevale) le tensioni si acquietano e torna la pace. Una specie di Alpini, solo su scala decisamente più impegnativa. Prima di uscire si radunano (mi sembra a Libertade) e offrono il padé a Exú (ve lo spiego un'altra volta). E poi, suonando i ritmi tradizionali del Candomblé, entrano nel Carnevale, rappresentando un elemento di equilibrio nella "folía".


REI MOMO: il bello del Carnevale è il capovolgimento delle regole: si fa quello che di solito non va fatto. La trasposizione sociale di questo assunto è la nomina di un negro a Re del carnevale, con relativa cerimonia nella quale il prefetto (da noi corrisponde al sindaco) gli consegna le chiavi della città in un ribaltamento simbolico di ruoli. Tradizionalmente la figura del Rei Momo è quella di un negrone gioviale di oltre 120 chili e qui viene scelta con regolare concorso pubblico. Quest'anno qualcosa si è attrapagliato, il concorso è stato celebrato in ritardo con scarsa partecipazione e poi annullato. Un'altra entità allora ha supplito scegliendo però un vecchietto arzillo di una cinquantina di chili, nello sconcerto generale. Carte bollate e tribunali. Poi sono partito per Manaus e ho perso le notizie. Sono tornato e ho visto in televisione quel velhinho con una corona sul capo che mostrava passi di samba. Mah!

TRIO ELÉTRICO: invenzione che solo due baiani - Dodó e Osmar - potevano fare, guadagnandosi così un monumento in piazza Castro Alves, dove si può assistere a uno dei più bei tramonti della Bahia, ma soprattutto dove parte il primo circuito carnevalesco della città, quello di Campo Grande, cui poi si è aggiunto quello da Barra a Ondina, sull'oceano, e quello del Pelourinho, dove però i trios non passano.
Si tratta di poderosi camion che trascinano enormi bilici sui quali, a 3-4 o anche 5 metri di altezza, sono montati dei palchi dove gli artisti si esibiscono. Sotto i palchi una batteria di amplificatori che potrebbe tranquillamente sonorizzare uno stadio. Ogni artista (più o meno) ha il suo, seguito dal suo "bloco".


BLOCOS: dietro al trio ci sono degli inservienti che reggono le funi che delimitano il bloco di fans che si riconoscono da una maglietta particolare acquistata anche a caro prezzo, dipende dalla popolarità dell'artista. Ivete (Sangalo, ma qui non c'è bisogno di specificare), la mia preferita, è tra le più care. Questa dà il diritto di seguire da vicino il trio e di ricevere le attenzioni dell'idolo. E forse anche di sentirsi parte di una tribù.


CAMAROTES: chi, come me, non se la sente di pular dietro a un trio elétrico può godersi comodamente - pagando, s'intende - lo spettacolo da dei palchi montati per l'occasione lungo il circuito. Sembra che Casa d'Italia, sede del vice-consolato d'Italia, ne ospiti uno dei migliori. È anche il modo per vedere tutti gli artisti, naturalmente per quel pezzettino dello show di ciascuno che succede lì davanti.


PIPOCA: letteralmente pop corn. Chi non ha i soldi per il bloco o il camarote - cioè la maggioranza - "faz pipoca", cioè si aggira per il circuito senza la comodità dei camarotes né la prossimità all'artista dei blocos ma godendo della musica, dell'atmosfera di festa e delle generose opportunità relazionali di cui al terzo paragrafo.

AXÉ: è la musica regina del Carnevale. Ritmi derivati dalla tradizione africana, energia, livelli sonori da danneggiamento del timpano. Ivete, Daniela, Carlinhos, i Timbalada, gli Ara Ketu, Margareth, gli Olodum sono alcuni degli artisti più rappresentativi. Ma ci sono anche gruppi più pop tipo Chiclete com banana, Babado novo e addirittura da quest'anno gruppi di forró, il country de noartri. Purtroppo è arrivata anche la tecno.

Devo confessare con un po' di tristezza che, nonostante questo sfoggio di erudizione e tutti i miei proclami, in realtà quest'anno sono rimasto in casa e il Carnevale l'ho guardato alla televisione. Mi sono sentito impreparato ad affrontare la "folía". L'anno prossimo, se Deus quiser.

A proposito di televisione: piatto forte della programmazione di Rede Globo sono le sfilate delle scuole di Samba di Rio nel mitico sambodromo. Da voi arrivano quasi solo le immagini delle mulatte col "fio dental" e le poppe di fuori. Che però sono un'esiguissima minoranza, a dire il vero messa in bella evidenza. In realtà ogni scuola di samba viene da una favela di Rio e coinvolge per l'occasione sui 3500 ballerini/e divisi in 30-35 "alas" con costumi fantasmagorici, sfila con 6-8 carri allegorici e una batteria di qualche centinaio di percussionisti. Sceglie un tema che fa da filo conduttore e compone un "samba de enredo" originale. Un vero spettacolo. Anche se io preferisco Salvador dove la gente stessa è parte costitutiva dello spettacolo.
Anche Olinda, nel Pernambuco, ha un bel Carnavale, ma su quello non sono preparato.

Domani, implacabile, la Quaresima. Ma, a quanto ho sentito dire, sono pochi quelli che si fanno intimidire.

Io sono tra quelli.

Abraço. Luca

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